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Le voci di tutti i partecipanti, vere ed informali come avviene davanti ad un caffè, mettono in sinergia obiettivi, azioni, competenze, risorse e capacità, per sradicare la consuetudine mentale di tacita accettazione della trasgressione, che crea pericolose asimmetrie sociali e lede la dignità delle persone.
Questo il contributo degli oltre 80 partecipanti al raggiungimento di questo obiettivo.
Quanto siete disposti a perdere per ritrovarvi?
Azzurra incontrerà sé stessa e tanti altri per dedicarsi alla vita, esperienza di grande bellezza perché in fondo gli altri siamo noi e viceversa, nulla è come sembra e cambiare sguardo è l’unica possibilità per conoscere la propria anima.
La vita va vissuta scalzi e la vera cura è viverla, non pensarla. Azzurra lo ha imparato sulla sua pelle e ogni giorno si sintonizza per imparare qualcosa.. e voi siete disposti a cambiare, siete disposti a riprendervi le vostre vite e lasciarvi stupire dal divenire?
La visione diffusa della musica e del canto come discipline riservate al mondo dell’arte e dello spettacolo rischia di snaturare il nostro rapporto con una parte essenziale dell’espressività umana. Qui non si parla di arte, ma di riscoprire e valorizzare le importanti potenzialità espressive che abbiamo dall’esperienza di esseri parlanti e comunicativi, incominciando dall’ascolto.
La proposta è di porsi nella prospettiva di un processo che parta dal lavoro su sé stessi, confidando nel proprio corpo e nella capacità di autoapprendimento per riscoprire il “musicista” nascosto in ognuno di noi.
Quella della tradizione pugliese è una cucina semplice, contadina e marinara basata sulle materie prime, capaci di narrare la genuinità di una terra che nulla “scarta” e tutto reinventa. È una tradizione che spesso si definisce “povera”, ma che poi risulta semplicemente autentica e semplice. In “Non so come ma è successo” si cerca di recuperare la tradizione di una cucina che pare sempre più dimenticata e che come principio ha sempre avuto il saper rendere principali i soli ingredienti che si possiedono, senza sprechi e senza eccessi. Un viaggio attraverso le foto di procedimenti e piatti recuperati, uniti a curiosità e suggerimenti che hanno dapprima appassionato e poi reso possibile il successo di una donna.
Nina, una bimba di cinque anni, durante la memorabile nevicata del 1956, vive per quasi un mese rinchiusa con la sua famiglia in un trullo della Valle d’Itria.
Da adulta rievoca, con tenerezza e nostalgia, gli eventi vissuti in quel lasso di tempo.
Ricostruisce il mondo contadino di un tempo e la sua evoluzione, descrivendone le usanze lavorative e culinarie, il modo di pensare e di vivere la vita comunitaria.
Ogni estate, Celeste affronta un interminabile viaggio da Milano a Lentini per far visita a nonna Resìna, con la quale, nonostante gli sforzi, non entra del tutto in sintonia. Resìna è una donna eccentrica che pare nasconda molti segreti.
Un giorno, nell’ora del crepuscolo, Celeste vede Miele dalla finestra: un tipino sopra le righe che suona un flauto di legno, accompagnandosi con un bicchiere di buon vino tra una nota stonata e l’altra. In città tutti sembrano conoscerlo, eppure nessuno sa dire se sia maschio o femmina. L’unica cosa certa è che viene dai dintorni del Biviere, un lago attorno al quale circolano leggende agghiaccianti.
Gli amici cercano di dissuadere Celeste dall’avventurarsi fino alle rive del lago con Miele, ma un gioco di attrazione e repulsione ha già avuto inizio.
Celeste dovrà fare i conti con il trauma che le impedisce di disegnare sorrisi sinceri ogni volta che mette piede nella città di Lentini, per poi scoprire tutta la forza che si nasconde tra le crepe di un corpo rotto.
Questa storia non è la solita storia d’amore. Andremo a un appuntamento con la protagonista, ma non sarà il solito appuntamento. Saremo a Roma, ma non sarà la Roma turistica.
Una storia delicata, raccontata da una penna non ordinaria, autoironica, brillante e sensibile che vi farà passeggiare per la Città Eterna con gli occhi lucidi.
Francesco è un bambino vivace e intelligente e si è da poco trasferito in un paese chiamato Pafede, nel delta del fiume Po. Sebbene abbia una bella bicicletta rossa, ha tanta nostalgia dei suoi amici e della sua vecchia vita. A scuola, però, incontra una bambina di nome Marcella, che incredibilmente riesce a far scomparire tutte le sue paure. Quando si è in due, infatti, la vita diventa una piacevole scoperta, e anche quello che una volta ci faceva dal terrore ora può farci sorridere.
Francesco e Marcella è una storia d’amicizia dolce e commovente, che ci fa ridere, divertire e riflettere su argomenti importanti, ma che soprattutto è in grado di farci pensare a tutte le cose bella che la vita ci offre.